Cosa bolle in testa?

Cosa bolle in testa?

“ La rabbia è come un fuoco che abita dentro di noi, è una fiamma tenuta a bada dal nostro corpo e dalla mente fredda. Quando qualcuno ci butta della benzina sopra questa fiamma cresce notevolmente a tal punto da sentire il sangue ribollire nelle vene, finché tutto questo calore accumulato non esce attraverso parole e azioni esplosive”

cit. alunno/a 5° anno IIS Alberti-Porro Pinerolo

La citazione riportata racconta come la rabbia viene percepita da molti di noi: un’energia negativa da reprimere per non diventare esplosiva e dannosa. Per questo motivo riteniamo importante fare chiarezza nei vissuti, nelle parole e nelle azioni che usiamo per parlare di essa.

Innanzitutto, la rabbia fa parte delle emozioni di base o primarie (Ekman, 1978) insieme a paura, gioia, tristezza, sorpresa, disgusto. Essa, come le altre, è una reazione innata ad un evento accaduto nell’ambiente esterno o interno e influenza il processo di ragionamento, giudizio e decisione.

La rabbia risponde all’istinto di difendersi da un’ingiustizia, da un torto subito o percepito contro se stessi o agli altri, per questo motivo reagiamo attraverso un’azione fisica o verbale forte.

Esistono 4 tipi di situazioni che vengono considerate legittime per arrabbiarsi:

  • percezione di situazione sgradevoli di tipo fisico o materiale (es. quando subiamo un furto, le telefonate dei call center ecc.);
  • disturbi o ostacoli alle proprie attività (es. accade un imprevisto e non possiamo rispettare un programma prefissato);
  • frustrazioni psicologiche (es. il compagno di classe ci prende in giro ripetutamente, il capo non ha molta considerazione di noi);
  • ingiustizie subite o prospettate per se stessi o gli altri (es. diffusione di informazioni personali senza il nostro consenso; il tradimento di un partner ecc.).

Inoltre, la rabbia può essere autodiretta quando ci sentiamo responsabili di un’azione che ha creato un danno a noi stessi o ad altri, può essere eterodiretta oppure subita quando siamo il bersaglio, giustificato o meno, della rabbia altrui.

Come tutte le emozioni, la rabbia si esprime a più livelli, non sempre visibili o percettibili.

A LIVELLO NEUROBIOLOGICO:

La reazione istintiva della rabbia è quella di rispondere alle minacce con azioni di attacco, per questo motivo si attiva la parte più antica del nostro cervello (il cervello rettiliano) e l’amigdala; vengono secreti gli ormoni del cortisolo e dell’adrenalina; il flusso sanguigno fluisce verso i muscoli a discapito di altri distretti (ad es. la digestione si interrompe) e delle capacità di ragionamento; Il sangue coagula più velocemente, il battito cardiaco accelera, il respiro si fa più affannoso e sudiamo.

A LIVELLO FISICO:

In conseguenza all’attivazione neurobiologica, anche il volto risponde agli stimoli minacciosi:

le sopracciglia si inclinano verso il basso e si ravvicinano, facendo emergere delle rughe verticali; le palpebre possono essere socchiuse o tese ma lo sguardo è fisso; la bocca può risultare serrata o spalancata se si sta urlando.

A LIVELLO COGNITIVO:

Averill, nel 1982, specifica che quanto più riteniamo l’altra persona responsabile del torto subito e che abbia agito con consapevolezza e intenzionalità, più noi ci percepiamo arrabbiati nei suoi confronti.

Ancora, Ross nel 1977, definisce l’errore fondamentale di attribuzione cioè, la tendenza delle persone ad individuare le cause del comportamento altrui nelle loro caratteristiche di personalità (es. è cattivo) e non a fattori situazionali.

A LIVELLO COMPORTAMENTALE:

La rabbia, poiché è un accumulo di energia intensa, ha bisogno di essere scaricata attraverso il corpo e/o il verbale. Il modo in cui ognuno di noi la gestisce dipende da diversi fattori:

  • tratti temperamentali: cioè la predisposizione caratteriale che ci contraddistingue già dalla nascita;
  • modelli educativi di riferimento: da piccoli interiorizziamo il modo in cui i nostri genitori e altre figure accudenti ed educative reagiscono alla rabbia e, generalmente, tendiamo a riprodurre questi modelli comportamentali nelle nostre interazioni;
  • influenza del contesto sociale e dei social media: per fare un esempio pensiamo a quanto sia autorizzato commentare senza filtri foto e real pubblicati sui social.

Quotidianamente viviamo molti momenti in cui sperimentiamo la rabbia (non sentire la sveglia al mattino, non trovare le chiavi della macchina, aver lasciato la monetina del carrello della spesa a casa ecc.), alcuni di questi passano senza lasciare segni evidenti altri permangono nella nostra mente a lungo continuando a fomentare la nostra ira.

Ognuno di noi gestisce in modo personale i diversi momenti rabbiosi ma possiamo distinguere due categorie di gestione della rabbia.

AGITI FUNZIONALI: permettono di scaricare la rabbia portando un senso di sollievo e impedendone l’accumulo:

  • parlare della propria rabbia
  • agiti espressivi: piangere, sospirare sbuffare
  • allontanarsi dalla situazione
  • fare cose che permettono di scaricare le tensioni (mettere in ordine una stanza, fare una corsa, cantare a squarciagola)

AGITI NON FUNZIONALI: producono conseguenze nocive a noi stessi, agli altri e alla relazione con essi:

  • aggressione fisica (picchiare, rompere oggetti)
  • aggressione verbale (umiliare, insultare, usare un linguaggio scurrile)
  • aggressione autodiretta (usare alcol e droghe, guidare in modo spericolato, provocarsi tagli e ustioni, suicidarsi)
  • ignorare la rabbia

Per imparare a gestire al meglio la rabbia, il primo passo è accettare che arrabbiarsi è normale ed è necessario perché tramite questa emozione possiamo capire cosa sta accadendo nel mondo intorno a noi. Il secondo passo è prendere consapevolezza di quali situazioni ci fanno scattare più di altre. Il terzo passo è riflettere sulle nostre modalità di scaricare la rabbia e cercare di trasformare gli agiti non funzionali in funzionali. In fine, se tutto quello che abbiamo fatto non ci fa stare meglio e le nostre reazioni sono così esplosive da far male a noi e/o a qualcun altro è importante saper chiedere aiuto ad un professionista che ci affianchi nell’esplorazione della nostra rabbia e nell’individuare canali di gestione alternativi e positivi.