Conoscere le sue molteplici forme per comprenderne i significati
Le condotte autolesive, pur sfidando l’istinto di autoconservazione, sono sempre state presenti nella storia umana, assumendo molteplici forme e significati, anche rituali, religiosi e artistici (come nella body art).
Con il termine autolesionismo si fa riferimento al comportamento intenzionale di farsi del male, di attaccare parti del corpo con tagli, bruciature e simili, senza un intento suicidario. Secondo alcuni studi il 22% delle condotte autolesive vengono messe in atto in adolescenza (McManus et al., 2019; Knipe, 2022; Mann, Gratz, 2022).
È un fenomeno che può essere pienamente compreso solo cogliendo i significati che assume nel contesto attuale, sia per l’individuo che per la società. Non a caso, in seguito alla pandemia da Covid-19, si è evidenziato un significativo aumento delle condotte autolesive, soprattutto fra i giovani di 12 e 16 anni. Oggi, più che mai, per gli adolescenti il corpo è un campo di battaglia, dove si manifesta in modo complesso la ricerca della propria identità. Si potrebbe dire che questi comportamenti, dunque, rompono la logica della conservazione per rispondere a un altro tratto distintivo dell’uomo: il bisogno di comunicare.
Cos’è l’autolesionismo

L’autolesionismo può manifestarsi in diverse forme e non solo come un sintomo di qualche patologia. Essendo una condotta largamente messa in atto dai più giovani, infatti, può essere transitoria e non implica necessariamente lo sviluppo di problemi in età adulta.
Tuttavia, non bisogna sottovalutarlo, poiché alla base di questi gesti vi è sempre una grande sofferenza.
Le motivazioni possono essere diverse: trasformare un dolore psicologico in fisico, regolare le proprie emozioni, punire una parte di sé, liberarsi di qualcosa di negativo. Alcune volte il segno sulla pelle diventa una traccia di una sofferenza passata, altre volte non è un gesto puramente distruttivo piuttosto un modo per affermare la propria esistenza.
Come può reagire il genitore?

Genitori ed educatori, in molti casi sono incerti su come rispondere ai giovani che dichiarano una condotta autolesiva. È possibile che la prima reazione possa essere negativa e spaziare dalla rabbia, al panico, alla negazione.
Un atteggiamento di condanna potrebbe, però, far sentire l’adolescente ancora più isolato. È naturale sentirsi sconvolti e preoccupati, ma è importante non reagire impulsivamente. Offrire uno spazio sicuro e aperto in cui si possa esprimere le proprie emozioni senza paura di essere giudicato è il primo passo per comprendere cosa stia vivendo. L’entità della ferita non riflette il significato del gesto. Mentre può essere rassicurante per il genitore notare che “sono tagli superficiali”, minimizzare il problema potrebbe far sentire il giovane svalutato.
Un altro aspetto molto difficile che il genitore dovrà affrontare è quello di mantenere un equilibrio tra vigilanza e fiducia. Evitare il controllo eccessivo è fondamentale: cercare di monitorare ogni mossa o togliere gli strumenti con cui i propri figli si feriscono potrebbe aumentare il senso di frustrazione e spingerli a nascondere il comportamento. È necessario cercare l’aiuto di un professionista, con cui confrontarsi per comprendere meglio il problema e sviluppare strategie efficaci per affrontare la specifica situazione in modo adeguato e sicuro. Infine, è consigliabile anche attivare una collaborazione tra scuola e famiglia.
Autolesionismo digitale

La comprensione dell’autolesionismo negli adolescenti richiede un’attenzione mirata a tutto ciò che compone la loro quotidianità. Bisogna tenere conto che i giovani oggi, per esempio, navigano in una socialità digitale complessa, che genera una discrepanza tra il livello di maturità e l’effettiva età anagrafica (Ammaniti, 2018).
Le piattaforme social pongono il corpo al centro dei contenuti, mentre sfumano sempre più i confini tra realtà e virtualità. Alcuni comportamenti diventano “trend“. Ne sono un esempio le cosiddette challenge, delle sfide lanciate in rete. Quest’ultime hanno spesso scopi benefici e creativi ma alcune volte possono essere dannose. Un esempio preoccupante è il trend della “cicatrice francese”, dove i tagli sul volto vengono condivisi per dimostrare coraggio e appartenenza a una “tribù”. Questi fenomeni, sebbene possano sembrare privi di senso, rivelano un forte bisogno di comunicare, appartenere e di cambiamento che i giovani sentono dentro di loro ma che non riescono a far emergere diversamente.
Tanto per gli adulti, quanto per gli adolescenti, è ormai impensabile una quotidianità senza l’uso di dispositivi mobili. In questa cornice, affinché si possano prevenire situazioni di rischio, è essenziale che i genitori siano presenti non solo nello spazio fisico, ma anche in quello digitale.
Come suggerito dal Save the Children Italia (2023), l’adulto dovrebbe:
- Conoscere e stabilire regole: È importante capire quali spazi digitali i propri figli frequentano, stabilendo regole chiare sull’utilizzo e la condivisione online;
- Prevenire anziché reprimere: Essere presenti e interessati alle loro attività online per prevenire potenziali rischi, mantenendo un approccio educativo che promuova la responsabilizzazione ;
- Promuovere l’autonomia: Accompagnare i più giovani nello sviluppo di una sana gestione della loro identità online, responsabilizzandoli progressivamente senza limitare eccessivamente la loro privacy;
- Educare al pensiero critico: Aiutare gli adolescenti a sviluppare una consapevolezza sui rischi del web, incoraggiandoli a riconoscere i propri limiti e a chiedere aiuto quando necessario.
